Per i non addetti ai lavori, il termine «franchising» evoca immagini di catene di fast-food, di alberghi e negozi… ma non è sempre stato così.
Per i più, franchising è sinonimo di Stati Uniti e di una M gigante. Ma le origini dell’idea, ovvero un imprenditore che paga delle somme per un diritto di commercializzazione, con un marchio conosciuto e usufruendo di formazione e supporto, si trovano molto prima del momento in cui, nel 1954, un venditore di mixer per il «milk-shake» (Raymond Albert Kroc) scopri in California due fratelli (Dick e Mac Mc Donald) che utilizzavano nel loro ristorante una vera e propria «linea di assemblaggio» per i loro prodotti.
E la storia comincia non negli Stati Uniti, ma in Europa, nel Medioevo, dopo la Peste Nera, che aveva ridotto di un terzo la popolazione del continente. In quei giorni, alcuni dei governi locali garantirono ai funzionari di alto livello (ed ad altre figure ritenute importanti) una «licenza» per mantenere l’ordine e raccogliere le tasse.
QUESTI PRIMI FRANCHISEE PAGAVANO UNA ROYALTY AI GOVERNANTI LOCALI IN CAMBIO, TRA LE ALTRE COSE, DI PROTEZIONE E DI UN VERO E PROPRIO MONOPOLIO SULLE INIZIATIVE COMMERCIALI.
Nel tempo, queste regolamentazioni divennero poi parte della European Common Law.
Successivamente, durante il periodo coloniale, apparvero ciò che potremmo definire dei «Re franchisee».
DERIVANTE DA UNA ANTICA PAROLA FRANCESE CHE SIGNIFICA LIBERTÀ, LA «FRANCHISE» ERA IL DIRITTO, GARANTITO DA UN SIGNORE LOCALE AI SUOI CITTADINI DI, AD ESEMPIO, GESTIRE UN MERCATO, CACCIARE SULLE TERRE DEL LORO SIGNORE O DI FAR FUNZIONARE UN TRAGHETTO
I monarchi europei, ad esempio, garantirono dei «privilegi» e determinati diritti a normali cittadini e se si fossero accollati i rischi di stabilire nuove colonie. Una volta che la colonia era stata istituita, il fondatore riceveva la protezione della Corona in cambio di tasse e royalty, ponendo così le basi del TERRITORIO PROTETTO.
I produttori di birra inglesi adottarono un modello di business similare nel 18° secolo.
Con le licenze delle birrerie soffocate da una regolamentazione stringente, alcuni produttori offrirono supporto economico in cambio di una esclusività di distribuzione del loro prodotto.
LA COSA INTERESSANTE È IL FATTO CHE I TITOLARI DELLE TAVERNE ERANO OBBLIGATI AD UTILIZZARE IL «MARCHIO» DEL PRODUTTORE
Sapete chi fu il primo? SPATEN, un nome che ancora oggi esiste.E non è forse la popolarità del marchio una delle ragioni per cui oggi si acquista una franchise?
Un uomo chiamato Isaac Merritt Singer (1811-1875) è accreditato come padre del franchising moderno . Singer aveva sviluppato una innovativa macchina da cucire ma si era trovato in una situazione spinosa: non riusciva a raccogliere i fondi per costruire e distribuire la sua innovazione senza prima aver venduto un numero consistente di queste macchine (cosa molto difficile, se pensiamo che una Singer costava ben 125$).
Nel 1856 uno dei suoi partner risolse la situazione, ideando il primo sistema di “pagamento rateale”, permettendo di acquistare la macchina ad 1,5$ al giorno e di portarla via immediatamente. Con questo sistema singer fu in grado di vendere molte più macchine; gli mancava solo un miglior sistema distributivo. Risolse il problema offrendo licenze per vendere il suo prodotto in territori specifici e, con il capitale così raccolto da queste licenze, fu in grado di costruire altre fabbriche sul territorio. I LICENZIATARI FURONO ANCHE «FORMATI» PER INSEGNARE AI CLIENTI COME USARE QUESTA NUOVA MACCHINA
In aggiunta, i termini del rapporto tra franchisor e franchisee (anche se al tempo questi termini non erano ancora stati adoperati) furono racchiusi in un contratto legale. Questo fu l’inizio del concetto di «KNOW-HOW»